Storia
Il toponimo Grana riflette quello dell' omonimo torrente che sgorga in più rami dalle falde dei colli di Grazzano e Moncalvo, i quali raccolti presso Grana prendono tal nome. II rio che determina anche la toponomastica della Valle Grana. attraversa i territori di Montemagno, Viarigi. Altavilla, Vignale, Fubine, Camagna, Conzano, Occimiano per proseguire per Giarole e mettere foce nel Po presso Valenza.
Al solito le interpretazioni dell' idronimo e del toponimo sono duplici. Occorre tenere presente nello studio dei nomi di luogo che la nostra regione faceva parte della Gallia Cisalpina, la quale a sua volta, con la Gallia Transalpina, nell'età romana, formava una struttura continua, i cui toponimi latini risultano eguali sia al di qua che al di là delle Alpi. Quindi se noi leggiamo l' esistenza di toponimi simili al nostro in esame, nell'odierna Francia, se ne desume che l'origine è simile per i vari centri demici, sia ch' essi siano sorti - in età classica - nel Monferrato (Gallia Cisalpina) o nel Département de la Dròme (Gallia Transalpina) dove troviamo il toponimo Grane simile al nostro attestato in atti medioevali, nella forma latina Grana, come Grana in Monferrato.
Gli studiosi francesi derivano il nome di. Grane (Dróme) dai nome gallico Grannus che è anche il patronimico del dio celto Grannus corrispondente all'Apollo romano, sicché in molte epigrafi d'epoca compare il titolo Apollo Grannus, nel caso nostro, volto al femminile perché declinato con il nome del corso d'acqua, come di frequente accadeva; ad esempio nei documenti medioevali il Belbo è detto Belba ossia aqua Belba. Rammentiamo inoltre il culto delle acque, dei torrenti, delle sorgenti, caratteristica non solo dei Celti, per sottolineare ulteriormente la derivazione del toponimo Grana dal per sonale celto Grannus - Grana.
Ma gli studiosi italiani divergono, preferendo far derivare dalla voce preromana Krana, Grana, con valore di crepaccio, fessura, valle profonda e incassata, il toponimo Grana e il relativo idronomo.
Ben documentato risulta lo sviluppo del centro demico in età romana, sorto presso la strada che da Montemagno (cfr. a tal voce) di stampo medioevale sviluppato su insediamenti romani, porta a Calliano per sfociare sull'arteria Asti-Rigomago (Trino vecchio). Le carte dell'archivio capitolare di Asti documentano la presenza del villaggio di Penano dove sorgeva la pieve di Santa Maria di Grana. Nel gennaio 911 Agilfredo prete e rettore della pieve di S. Maria in Grana permuta beni con Ansulfo abitante nella villa di Periano. Il documento risulta stilato presso la sopra scritta pieve di S. Maria di Grana. L' 11 gennaio 955, Vulmanno diacono, detto arciprete di Grana, archipresbiter de plebe sancte Dei Genitricis virginia Marie sita in loco qui dicitur Grana, permuta beni con Resto figlio di Ragimberto abitante nel luogo di Periano, tra quali una terra e un campo siti in loco et fundo Periani. Periano è di classica matrice romana fluito dal personale Pirius, il territorio era inoltre popolalo da altri due centri di origine latina, come registrano i locali catasti (redatti il 24 febbraio 1569), ossia Axigliano e Stroppiana che al pari degli omonimi vercellesi derivano rispettivamente dai gentilizi Asellius e Stirpius donde la vallis Stirpiana volto in Stroppiana per comodità di pronuncia.
Il catasto di Grana registra anche le località che desunsero il nome dalla citata strada romana con la voce cava che indica appunto la strada incavata, sprofondata per l'incapacità e la mancanza di manutenzione. Alcuni esempi: terra cum vitibus ad Cavam, terra dei Cavam coberent eccle sia S. Evasii Casalis, Hector Testa et via comunis: dove a fianco dell'antica strada romana ad cavam appunto, si snodava la via medioevale chiamata anche viam cavam, ad Cavam vel ad vallis Granam, alla Cava o sia alla Valle di Grana. Il vocabolo cava è anche menzionato nell' atto del 955 dove nel luogo e podere di Periano una terra è sita in loco ubi dicitur ad cavam: nel luogo chiamato alla Cava.
Esiste anche la voce alternativa ad crosam per indicare la strada romana incassata e profondata, ad crosam sive ad sanctum Stephanum, alla buca, ossia a Santo Stefano. Il montem Piranum riecheggia il Periano dei documenti 911 e 955, colle di Piriano, dal patronimico romano Pirius, già ricordato. Così il Montemalbanum indica il colle del romano Albus.
Riassumendo troviamo sul territorio di Grana i toponimi Periano, Asigliano, Stroppiana. Monte Albano desunti dai rispettivi personali romani Pirius, Asellius, Stirpius, Albus.
Nel trapasso dall'età latina a quella medioevale, le popolazioni abbandonati tali centri s' incastellarono sul più difendibile e sicuro colle dove sorse la villa di Grana, tate chiamata, ancora nel XVI secolo, nel locale catasto, il centro demico: in villa, in villa ad Torretam, domus in villa, domus in villa Grane. Il trapasso dall' età alto medievale agli albori del Millennio vide la nascita di due altri insediamenti: il burgum novum e il casale. II primo può essere collegato ai Burgi speculatores, ossia ai fortilizi di avvistamento per annunciare l' arrivo di pericoli e di nemici presenti un poco ovunque nel Monferrato. Il casale invece parrebbe allegato, con la voce brayda (fattoria agricola con annessi tenimenti) alla presenza di invasori germanici, nella fattispecie langobardi,
Abbiamo letto nei documenti del 911 e del 955 l'esistenza della pieve di S. Maria in Grana, confermata dall' Imperatore Enrico III il 26 gennaio 1041 alla chiesa di Asti, il cui territorio assai vasto confinava a nord con quelle di Rosignano e Mediliano. Grana rimase sotto la giurisdizione di quel vescovo, fino al 1474 quando fu inserita nella diocesi di Casale.
La presenza della pieve sottolinea l'importanza della località e il suo castello oggi non più esistente. Il catasto precisa, nel 1569, che il concentrico si chiamava villa alla quale si accedeva per la Porta del Monte dove esisteva la strada diritta della piazza con due negozi ed uno più piccolo cum domuncula superiori, con una casetta al di sopra, con la contrada del Forno e la via del Torchio. Nel concentrico si nota la presenza di orti e giardini. Altre case erano ubicate super spaldum. sugli spalti e presso la torretta, risultando la villa cioè il concentrico, recinto di mura con relativi spalti e con l'altra porta detta di S. Pietro, presso la quale è registrato il sedime con cascina, orto e prato.
Sorto presso la strada romana poi via medioevale non poteva mancare a Grana un ospedale o xenodochio per la sosta dei pellegrini, trattandosi oltre tutto della via marenca che scendeva a Montemagno per Quarto d'Asti innestandosi sulla via Fulvia. I soliti catasti del 1569, vera miniera di notizie sul borgo medioevale, registrano il sedimen cum capsina et horto ad sanctum Anhonium coberet hospitale comunis... et bona ecclesie, ossia un sedime con cascina ed orto a S. Antonio sotto la coerenze dell'ospedale comune e dei beni delia chiesa. Ancora: domus seu capsina dicta hospitale cum pauco sedimine habita ab agentibus, pro Communitate. coberent via camunis et ecclesia sancte Maria in arealibus dictis ad sanctum Anthonium: 'la casa con la cascina chiamata ospedale con piccolo sedime tenuta dagli agenti della comunità, sotto le coerenze della strada comune e della chiesa di S. Maria nei dintorni del luogo detto di S. Antonio', dal che si deduce inoltre che la chiesa di S. Maria, epicentro della pieve alto medioevale, risultava decentrata rispetto alla nuova villa incastellata.
Troviamo in età medioevale la presenza di un nucleo signorile in Grana. Sul finire del XIII secolo, infatti, nella corsa all'occupazione da parte del Comune di Asti, dei castelli ultra Versam, ossia oltre il torrente Versa che segnava il confine del Marchesato aleramico, rimasto, per l'atroce morte avvenuta il 6 febbraio 1292, del marchese Guglielmo VII, in balia dei ladri confinari, i Signori di Castagnole sono costretti a cedere il feudo al Comune astigiano riottenendone l'investitura il 15 giugno 1292. Con successivo atto del 25 luglio troviamo nel castello dì Castagnole dominus R.aynerius Bozia de Grana agente a nome anche del nipote Obertino, cedere ad Asti quanto da lui posseduto in Castagnole ricevendone l'investitura. Inoltre il Comune astese concedeva a Raynero Boza o Bocia ed al nipote suo tutto quello che possiede in Grana, già riconosciutogli dal marchese Guglielmo di Monferrato con la conseguente reinvestitura.
Inclusa nei possedimenti aleramici, Grana ebbe confermati i suoi privilegi e statuti il 13 giugno 1379 dal marchese Giovanni III Paleologo. La storia Feudale collocata inscindibilmente con quella comunale inizia con la cessione di Grana da parte di Guglielmo VII all' aleramico marchese Lantelmo di Occimiano il 12 settembre 1265. Ma confiscata ai di Occimiano, Grana fu concessa il 9 gennaio 1374 a Percivalle Bobba della storica famiglia di Lu che la cedette nel 1506 a Enrico e Filippo Gambéra infeudati il 9 ottobre 1506. Passò quindi ai del Carretto e all' estinzione loro, come diremo, fu investito di Grana, col comitato il 13 aprile 1781 Amedeo Messier, da Moncalieri.